Valeria Bonanno

Da settembre 2020 a gennaio 2021 mi sono trovata ad Ostrava, in Repubblica Ceca, per svolgere un progetto di Erasmus Traineeship, ovvero per collaborare con la Janáčkova Filharmonie Ostrava (JFO). Ostrava è la terza città per importanza della Repubblica Ceca dopo Praga e Brno. Si tratta di una città prevalentemente industriale, ma anche universitaria, piena di giovani, con un centro piccolo ma ben fornito. È, inoltre, bagnata da un fiume, l’Ostravice, per cui ci sono varie zone verdi in cui poter passeggiare.
Il primo impatto con questa città non è stato dei migliori, in quanto la persona che si era occupata dell’organizzazione delle “accomodation” per noi membri dell’Academy aveva deciso di farci stare tutti in un certo Hotel VP1, che si trova in una zona desertica della città (Dolní Vítkovice, dove si ergono imponenti i resti di antiche fabbriche): molto economico, ma piuttosto triste e frequentato da gente poco raccomandabile. Poiché il costo della vita in Repubblica Ceca per un italiano è decisamente basso e la borsa di studio riesce a coprire, senza problemi, tutte le varie spese, ho deciso di affittare una camera doppia presso il Kampus Palace, molto moderno, in pieno centro, abitato quasi solamente da studenti (spesso internazionali, perciò il personale parla tranquillamente inglese), e con un prezzo comunque accessibile.
A parte questo piccolo intoppo iniziale, le cose sono poi procedute per il verso giusto: l’orchestra è formata da musicisti di altissimo livello e questo ha rappresentato per me la mia prima vera opportunità di collaborazione con un’orchestra professionale. Le prove si svolgono tutti i giorni dalle 9 alle 13 e ci sono in media due produzioni diverse a settimana (per ogni concerto vengono fissati in preparazione 2 o 3 giorni di prove), ma il ritmo di lavoro è equilibrato in quanto ogni membro dell’orchestra ha diritto ad una settimana“off”al mese, periodo nel quale si possono organizzare, ad esempio, escursioni in compagnia (da Ostrava risultano facilmente raggiungibili stupende città quali Praga, Cracovia, Vienna, Bratislava…).

La pandemia, purtroppo, ha ridotto in modo sostanziale il numero di concerti che avremmo dovuto eseguire e, soprattutto, non è stato quasi mai possibile andare in trasferta: nel periodo peggiore molti dei concerti previsti sono stati annullati e talvolta sono stati rimpiazzati da registrazioni. Nonostante ciò, ho un ricordo bellissimo dei mesi passati in compagnia della JFO.

La cosa più stimolante per me, oltre che conoscere altri giovani studenti provenienti da tutto il mondo, è stata poter lavorare a fianco di musicisti con una grande esperienza orchestrale alle spalle. Ricordo ancora quando abbiamo suonato La Sagra della Primavera di Stravinskij (uno dei brani per orchestra più difficili in assoluto), e già dalla prima prova ogni sezione era preparata alla perfezione.
Di questo concerto vi allego un video-trailer in cui viene intervistato il direttore ed altri musicisti; sono stati, inoltre, catturati alcuni momenti delle prove e delle pause in cui compaio anch’io! 😉
La sezione dei violoncelli, con cui ho avuto ovviamente più occasioni di interazione, è semplicemente fantastica. Ecco un video in cui puoi ascoltarne alcuni:
A parte il livello musicale indubbiamente alto, come al solito i violoncelli sono i più simpatici dell’orchestra: sempre sorridenti, sin dal primo giorno mi hanno fatta sentire a casa e hanno cercato di coinvolgermi sebbene a volte si esprimessero a fatica in inglese… Durante le prove facevano spesso battute ed il clima era sempre molto disteso e sereno. Inoltre, in questa orchestra vige la tradizione di stringersi la mano tra compagni di leggio alla fine di ogni concerto, cosa che continua ad ispirarmi e che ho provato ad introdurre anche in Italia dopo che sono ritornata.
Lo stabilimento in cui si svolgono le prove presenta varie stanze insonorizzate in cui è possibile andare a studiare durante il pomeriggio. A ciascun membro dell’orchestra, compresi gli Academy members, viene consegnata una chiave per accedervi. Poiché il violoncello è uno strumento piuttosto pesante ed ingombrante da portare avanti e indietro tutti i giorni, viene fornita anche la chiave di un armadietto personale in cui poterlo lasciare al sicuro la sera.
Voglio sottolineare il fatto che tutti i membri dell’orchestra, ma proprio TUTTI, staff compreso, fin dal primo momento si sono dimostrati accoglienti, gentili, disponibili, sempre pronti ad aiutarmi ogni qualvolta ne avessi bisogno (e ciò si è verificato in molteplici occasioni: giusto per citarne una, è capitato che mi accompagnassero dal liutaio per risolvere unproblema al mio violoncello, traducendo per me dall’inglese al ceco); dal punto di vista umano, quindi, mi sono trovata veramente benissimo.
Nonostante tendenzialmente gli adulti lì non parlino molto bene inglese (ma per fortuna riuscivamo ad intenderci mischiando un po’ l’inglese e il tedesco), è accaduto pure che mi invitassero a mangiare a casa loro e che mi facessero dei regali da portare con me in Italia. Nessun pregiudizio, nessun senso di superiorità, anzi ho trovato un’ospitalità ed un’umiltà davvero inaudite.
Lo stile di vita dei cechi non è molto diverso da quello degli italiani, a parte per il fatto che in Repubblica Ceca bere è molto più importante che mangiare: verso sera i locali iniziano a riempirsi, eppure la gente non si trova lì per cenare insieme, ma per ordinare solo ed esclusivamente birra! Fortunatamente, comunque anche il cibo è molto buono (specialmente le zuppe, sono assolutamente da provare), e soprattutto economico: si riesce a spendere anche solo 5 euro in un ristorante e uscirne soddisfatti e sazi. Se invece si vuole mangiare italiano o giapponese, allora bisognerà essere disposti a spendere un po’ di più.

Purtroppo durante il mio soggiorno a Ostrava, forse per il freddo, per la stanchezza, o per un abbassamento generale delle difese, è successo anche che mi sono ammalata piuttosto seriamente, e in preda a dolori lancinanti verso le 5 del mattino mi sono dovuta recare all’ospedale della città, ovviamente sola, perché a quell’ora non avrei potuto disturbare nessuno. Fortunatamente l’ospedale si trova a poche fermate di tram dal Kampus,e il tram passa a tutte le ore,anche di notte. Questa è una di quelle avventure che non dimenticherò mai, perché mi ha insegnato a sapermi “arrangiare” anche nei momenti di estrema difficoltà. Una volta arrivata in ospedale, infatti, nessuno all’accettazione capiva l’inglese, e quindi sembrava impossibile spiegare loro quali fossero i miei sintomi. Eppure la storia non si è conclusa con un finale tragico, e questa è la prova che anche nei momenti apparentemente più disperati si trova sempre una soluzione: nel mio caso dopo un po’ è arrivato un altro paziente giovane che parlava inglese e quindi mi ha gentilmente fatto da traduttore. Certo, se non avessi saputo esprimermi nemmeno in inglese forse non sarebbe andata così bene! Ma per fortuna il mio livello d’inglese si è rivelato pienamente sufficiente. Per di più, quest’esperienza mi è servita a memorizzare in modo permanente (grazie a quella famosa intelligenza definita “emotiva”) una parola ceca molto importante: Nemocnice (ti lascio indovinare quale sia il significato...).
Il consiglio spassionato che mi sento di dare a chiunque stia leggendo questo articolo e abbia dei dubbi riguardo all’Erasmus è: “Parti. Su questo non avere dubbi!”. Andare in Erasmus è una scelta di cui non ti puoi pentire, nemmeno se ti viene assegnata una destinazione che non era quella che sognavi, nemmeno se la pandemia ridimensiona quello che era il progetto iniziale.
Si tratta di un’esperienza che a mio avviso tutti dovrebbero fare almeno una volta nella vita. Ritrovarsi in un paese diverso dal tuo, che parla una lingua diversa dalla tua, che usa una moneta diversa dalla tua…beh, non ha prezzo. È qualcosa che, volente o nolente, ti obbliga a cambiare (in meglio, ci auguriamo!). E quando ritornerai a casa non sarai più la stessa persona di prima, non sarai più capacedi stare fermo nello stesso luogo per più di una settimana, e la cerchia di persone che frequentavi prima inizierà a starti stretta, perché sarai sempre inevitabilmente alla ricerca di qualche nuovo orizzonte da esplorare...
L’Erasmus è un’esperienza che ti apre la mente, e più la mente è aperta più è affamata e libera di viaggiare anche solo attraverso il pensiero: il “semplice” fatto di dover parlare inglese 24 ore su 24 per parecchi mesi mi ha permesso di scoprire una parte del mio cervello, oltre che della mia personalità, che non sapevo di avere! Infatti dopo poche settimane ho iniziato a sognare in inglese e a pensare in inglese, tanto che quando sono tornata in Italia ho fatto fatica a riabituarmi a parlare in italiano (ma non preoccuparti, è questione di pochi giorni).

TIPS
1. Prima di partire: contatta il Kampus Palace di Ostrava per affittare una camera (è molto gettonato e se non ti organizzi per tempo potresti dover aspettare settimane prima di trovare una camera disponibile), metti in valigia molti vestiti caldi (d’inverno le temperature sono bassissime, la neve“piove” letteralmente ogni giorno, le strade imbiancano e ghiacciano), impara un po’ di lessico ceco di sopravvivenza.
2. Appena arrivato: non spaventarti se alla stazione di Ostrava non riesci a comprare un biglietto per il tram, perché lì una corsa viene pagata semplicemente avvicinando la carta di credito sull’obliteratrice sia quando sali sul tram sia quando scendi (ma nessuno saprà spiegartelo bene in inglese).
3. I primi giorni dopo il tuo arrivo: recati presso l’ufficio trasporti nella piazza principale del centro e informati su come ottenere la carta ODISka, ovvero l’abbonamento per il tram (costa pochissimo e ti permette di viaggiare senza dover estrarre la carta di credito ogni volta che prendi il tram).
